Musica nuova…maestro!

spotify

Da un po’ di tempo, anche in Italia, è disponibile un nuovo modo di ascoltare musica destinato a rivoluzionare la musica stessa ed i suoi fruitori. Si tratta di Spotify, piattaforma che permette di ascoltare musica scegliendo tra circa 25 milioni di brani, il tutto sui nostri comodi smartphone.

Il fatto è straordinario perché possiamo sentire musica a volontà, scaricare brani anche solo per “provare” a sentire come sono, senza necessariamente spendere i soliti 10/15 € per gli, ormai obsoleti, compact disc. Spotify si affianca ai già esistenti e conosciuti Deezer, Napster o Beats Music (quest’ ultimo disponibile in Italia dal prossimo Giugno) e prevede due tipi di accessi: uno gratuito con la richiesta di un po’ di pazienza per ascoltare gli inserti pubblicitari e l’altro cosiddetto Premium, a 9,99€, che toglie del tutto ogni forma di pubblicità e permette l’ascolto off line dei brani in modo da non gravare sui gb a disposizione degli utenti.

E’, a nostro avviso, un ottima novità rivolta agli amanti della musica che, con veramente pochi euro, possono darsi alla pazza gioia ascoltando artisti preferiti e artisti nuovi in tutta libertà. Spotify è destinato e, in parte, lo sta già facendo, a rivoluzionare il mondo musicale. Gli stessi artisti si devono accontentare di ricevere pochi centesimi di dollaro ad ogni ascolto con buona pace delle major che, peraltro, ogni tanto boicottano la piattaforma impedendo la fruibilità delle opere sulla stessa.

La qualità audio è altissima così come la gamma di brani da poter scegliere … c’è veramente di tutto, anche pezzi rari e inediti in Italia. E’ capitato a molti di trovare opere editate solo per il mercato estero e questo per i cultori della materia è un dettaglio non da poco. Insomma probabilmente un must per i musicologi sparsi per il globo, tanto che conta già più di 10 milioni di utenti paganti con previsioni al rialzo nei prossimi mesi.

Le critiche che molti, soprattutto artisti e major discografiche, muovono a piattaforme come Spotify riguardano soprattutto i pochi introiti per loro stessi ma sono critiche che lasciano il tempo che trovano perché essere esosi, in questo caso, non paga in quanto il mercato è e sarà sempre più strutturato e basato su concetti di streaming musicale. Non è togliendo la fruibilità di una determinata opera su Spotify o altri similari, che le major possono sperare di vendere più cd ma, al contrario meglio sarebbe aprire tutta la produzione musicale per avere più ascolti, più download (LEGALI) e quindi più guadagni per tutti.

Spotify è un passo fondamentale per sconfiggere definitivamente la pirateria a patto che i fruitori accettino di pagare un piccolo contributo. Veramente piccolo in proporzione all’offerta proposta se si pensa che con 9,99€ non riusciremmo più a comprare nemmeno un cd. E comunque c’è sempre la versione gratuita da provare per poi decidere se diventare abbonati Premuim o meno.

Non si vuole assolutamente fare pubblicità gratuita a Spotify ma solamente, come sempre, informare su un fatto che potrebbe forse cambiare in meglio una parte della nostra socialità.

Non resta che darsi all’ascolto o quanto meno a provare questa novità tenendo sempre presente che un mondo senza musica non si può neanche immaginare.

…SOTTO A CHI TOCCA…

Non dire estate se non…

Anche se il tempo fa un po’ di bizze l’estate è arrivata già da un mese esatto. Ci sono tanti simboli estivi come, ad esempio, il gelato, le creme solari, gli occhiali da sole, le infradito o la grigliata all’aperto con gli amici ma per molti non è estate se non si va una o più volte ad assistere ad un concerto, possibilmente in un grande stadio con una grande band.

Questa è una estate non tanto piacevole dal punto di vista meteorologico ma molto ricca di appuntamenti musicali di alto livello a cui assistono centinaia di migliaia di persone appassionate. Assistere ad un concerto nel periodo caldo dell’anno è una esperienza unica, ogni volta diversa sia per la musica sia per le atmosfere.

Di solito si acquista il biglietto molti ma molti mesi prima ma alcuni preferiscono cercarlo e trovarlo direttamente davanti allo stadio il giorno del concerto dai cosiddetti “bagarini”,  tra l’altro vietati dalla legge, che spesso vendono tagliandi falsi provocando delusioni e grandi disagi. Poi passano i mesi e piano piano si arriva alla data fatidica e l’emozione per ciò a cui assisteremo ci fa tornare, per certi versi, bambini con la smania di “scartare” e vedere il regalo che ci siamo fatti.

I giorni che precedono il concerto sono, solitamente, dedicati al “ripasso” dei brani dei nostri beniamini per non rischiare di farci trovare impreparati ad un eventuale, e sempre immancabile, karaoke collettivo. Quindi si rispolverano vecchi cd e si canta ovunque, in macchina, sotto la doccia o sdraiati sul divano. Poi, quasi all’improvviso, arriva il fatidico giorno e l’adrenalina inizia a salire quella curva che avrà il suo apice più o meno alla fine del concerto in cui ci si sente, a dir poco, elettrizzati.

La giornata del concerto scorre via tra preparativi vari, strategie di avvicinamento al luogo dell’evento e calcoli di orari e posti da scegliere. Poi ci si reca allo stadio in una processione collettiva fatta di volti felici ed emozionati, fatta di occhi innamorati della musica che sono a forma di nota musicale o di chiave di violino.

Sul luogo del concerto inizia per molti la battaglia per portare all’interno una scorta di acqua visto che, tra emozione, caldo e movimento, la disidratazione è dietro l’angolo ed il prezzo dell’acqua ai chioschetti è davvero assurdo. Allora ecco chi si porta tappi di scorta infilati nelle calze o chi le da alla propria compagna da custodire in mezzo al seno simbolo della vita come del resto l’acqua che i tappi in questione andranno a chiudere…

Una volta entrati, con o senza acqua, ci si sente come se si stesse visitando un tempio con il palco che la fa da padrone e l’energia della folla che si sente già dall’inizio anche senza musica. Chi mangia, chi beve (alcuni troppo), chi chiacchiera per ingannare l’attesa sempre con in sottofondo la musica dei gruppi di supporto che, spesso e volentieri, nessuno conosce ma tutti ascoltano volentieri.

Passano i minuti, per alcuni le ore e piano piano arriva l’imbrunire che porta con sé…la musica, l’emozione, l’adrenalina. Le luci si spengono, il palco diventa buio e, di colpo, tutto si accende e la dea musica inizia il suo show in un tripudio di voci, balli, mani alzate, urla, svenimenti (per caldo o emozione) e passione. Il sudore è caratteristica di chi suona e canta ma anche di chi ascolta. Le T-shirt alla fine sono da strizzare come in una sorta di battesimo o atto di purificazione dell’anima. Perché spesso un concerto è proprio questo: una purificazione del corpo, dell’anima e della mente dove, alla fine, ci si sente meglio, quasi svuotati dalle tossine accumulate, più rilassati e più felici perché il potere della musica è questo ed è un potere enorme e meraviglioso.

Dopo circa tre ore dalla prima nota e molte di più dal primo pensiero del concerto, purtroppo, tutto finisce, si riaccendono le luci e la delusione per la fine lascia spazio alla felicità per quanto vissuto, ai commenti e ai ricordi che resteranno dentro per sempre, anche a chi non fa foto della serata. La musica ti resta dentro sempre, ti gira dentro le vene e al cervello ed è anche per questo che è l’arte per eccellenza che emoziona semplicemente con sette note (7 è formato da due volte il 3, numero perfetto più 1 cioè Dio).

Il pensiero di molti alla fine di un concerto è il desiderio di assistere ad un concerto al giorno almeno d’estate, stagione amica della musica e in cui le emozioni quasi raddoppiano. Questo è l’auspicio di molti anche di coloro che accompagnano il proprio concerto con troppo alcool in corpo ma questa è un’altra storia.

Credo che molti si possano riconoscere in queste poche righe che raccontano un’emozione estiva, un’emozione musicale, un’emozione unica…

…SOTTO A CHI TOCCA…

Avere il cinema a casa…

Alcuni giorni fa ho ricevuto una piacevole e lusinghiera email da parte di una mia lettrice e follower di nome Daniela che, oltre ai complimenti per il blog, mi chiedeva se fosse stato possibile per lei scrivere un post sul blog, un guest post o scambio di collaborazione che dir si voglia. Dopo averci pensato un po’ su mi sono detto…perché no? Così è con piacere che, oggi, ospito Daniela Di Pietro collaboratrice di hifiprestige, ventisei anni, appassionata di musica e cinema a cui piace essere trascinata dall’emozione di un bel brano ed essere totalmente immersa in mondi fantastici…come la capisco!! Appassionata di hi-fi e di home cinema, proprio su quest’ultimo ha deciso di scrivere un post che potete leggere di seguito. Grazie a Daniela per il post e, soprattutto, per le belle parole spese per il mio blog!!

Di Daniela Di Pietro:

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L’Home Theater ha rivoluzionato la mia vita. Ricordo i tempi in cui andare al cinema era una esperienza in un certo qual modo magica: lo schermo grande, i colori, le immagini ma soprattutto l’audio. Quello che mi ha sempre affascinato del cinema era quella sensazione unica che provo nel sentirmi avvolta dal suono, al centro della scena, nel bel mezzo dell’azione.

Il suono infatti è sempre stato l’elemento cardine del cinema moderno: fino all’avvento della tecnologia 3D l’immagine non poteva certo “venire da noi”, ma il suono … quello sì che ci permetteva di entrare nello schermo.

Per questo non ho saputo resistere alla tentazione di portare il cinema dentro la mia casa. L’Home Theater altro non è che un impianto finalizzato a riprodurre l’audio e le immagini dei programmi che osserviamo al televisore con il maggior realismo possibile. Il nome stesso del dispositivo richiama il cinema e in effetti l’obbiettivo È quello di ricreare a casa propria quella magia che si prova al cinema, quegli effetti speciali che viviamo con realismo quando per esempio sentiamo il rombo di un aereo passare sopra la nostra testa.

Il classico televisore di casa non può riuscire a rendere così veri i suoni poiché l’audio è limitato a due canali. Nell’Home Theater invece si utilizzano sistemi a più canali. La quantità di canali utilizzati varia dal tipo di sistema, per esempio il Dolby Pro Logic ai due canali frontali tipici di ogni televisore aggiunge una canale centrale e uno posteriore.

Cardine del sistema Home Theater è il decodificatore che interpreta il segnale audio ricevuto dal televisore e letteralmente lo spacca nei vari canali che compongono l’impianto. Non solo, a volte un buon decodificatore può anche svolgere funzioni di sintetizzatore, aumentando i canali disponibili: questo è quanto avviene per esempio con il subwoofer che non esiste nella codifica Dolby Pro Logic ma che impianti Home Theater di buona qualità possono aggiungere, ottenendo così un sistema a 5 canali anziché 4.

Quello che ho appreso sulla mia stessa pelle è che nel caso dell’Home Theater il risparmio, la ricerca del prezzo più economico, non è la strada vincente. Infatti con un impianto di bassa qualità, per capirci uno di quegli impianti da 500 euro tutto compreso che talvolta vediamo in giro, mi sono trovata ad avere in casa un groviglio di fili ben poco entusiasmante, che suonava poco meglio della TV e che alla fine è rimasto più spento che acceso. Il punto di svolta è stato quando, insoddisfatta del precedente acquisto, ho deciso di investire qualcosa in più, sostituendo il mio primo groviglio di fili con un impianto Klipsch. Lì si che ho potuto veramente provare l’emozione dell’Home Theater. Ed oggi quando decido di regalare a me stessa un paio di ore per gustarmi un buon film posso dire con certezza che l’ Home Theater ha cambiato la mia vita, in meglio.

 

 

 

Questo articolo è un contributo volontario di Daniela, gentilmente ospitata su …SOTTO A CHI TOCCA… il blog di Gianmarco Veggetti

…Una scommessa d’amore…

Unknown

Un brano molto suggestivo di uno dei più bravi cantautori italiani che omaggia la città più bella del mondo citando tra l’altro Broadway, famosa nel mondo per i suoi musical e Union Square teatro di decine di set cinematografici e, nel periodo natalizio, di uno dei più gradevoli mercatini che si possono trovare nella Grande Mela. Da ascoltare attentamente…

Lui era un businessman con una idea
in testa, lei ballerina di jazz,
leggeva William Blake vicino a una
finestra, lui beveva caffè.
Guardando quelle gambe muoversi pensò:
“E’ una stella!”.
Pensava a Fred Astaire
…E chi non ha mai visto nascere una
dea,
…e chi non ha mai visto nascere una
dea,
non lo sa, che cos’è la felicità…
Lui: garofano rosso e parole, una
vecchia cabriolet…
Lei: vestita come la Rogers, fulmini
e saette,
lassù, nel cielo blu, il loro nome:
argento fra le stelle…
New York! New York! E’ una scommessa
d’amore,
tu chiamami e ti vestirò, come una
stella di Broadway.
New York! New York! E’ una scommessa
d’amore,
tu chiamami e ti vestirò, come una
stella di…
Lui si svegliò senza lei, nudo nella
tempesta,
là fuori Union Square. Entrava luce
al neon,
dal vetro di una finestra. L’odore
del caffè.
…guardando quelle gambe muoversi pensò:
“E’ una stella!”
Pensava a Fred Astaire!
…E chi non ha mai visto nascere una
dea,
non lo sa, che cos’è la felicità…
Lui: garofano rosso e parole, una
vecchia cabriolet…
Lei: vestita come la Rogers, fulmini
e saette,
lassù, nel cielo blu, il loro nome:
argento fra le stelle..
New York! New York! E’ una scommessa
d’amore,
tu chiamami e ti vestirò, come una
stella di Broadway!
New York! New York! E’ una scommessa
d’amore,
tu chiamami e ti vestirò, come una
stella di…

Gli esaltati della musica…

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La situazione della musica, italiana e non, è, tranne qualche rara eccezione, ristagnante e non molto edificante. Accanto ai cosiddetti mostri sacri, infatti, non vi è alcun motivo per stare allegri visto che non sembra più possibile trovare  “nuove leve” degne di destare l’attenzione di chi ascolta, di chi produce e degli addetti ai lavori in generale.

I motivi di questa pochezza di vena artistica e di valide novità sono forse da ricercare nel fatto che non si suona più nella cantine, nei locali con musica originale ma si preferisce affidarsi, da una parte, a questi talent-show che in realtà altro non sono che spettacoli nazional- popolari che hanno come unico obiettivo l’odiens e il ritorno economico tramite la pubblicità e, dall’altra, chi fa musica, chi cioè suona nel locali, decide di essere solamente una cover band e replica, spesso malamente, la musica di altri senza dedicarsi a comporre e ad inventare qualcosa di nuovo.

In questo modo, anche chi risulta musicalmente valido, perde molto della sua “arte” impigrendosi ed ostinandosi a copiare gli altri senza avere il coraggio di esporsi per rischiare e mostrare il proprio intimo di artista. Quanto ai talent-show, sono diventati ormai una moda che continua da anni, con  alcuni programmi (X-Factor e Amici per fare due esempi) che sono arrivati alle decima se non alla dodicesima edizione. La cosa che sorprende più di tutto in questo tipo di programmi e nei personaggi che si propongono per diventare professionisti della musica è la poca, pochissima umiltà accompagnata da un’arroganza e una esaltazione assurda e fuori luogo.

Questi ragazzi, con poca esperienza (se non qualche anno di studio) non sembrano essere in grado di voler partire dal basso con tanta umiltà, ma si sentono già arrivati nell’olimpo della musica quando invece sono dei semplicissimi “signori nessuno”. Spesso li abbiamo visti fuori da locali pretendere l’ingresso in virtù del fatto che hanno partecipato a questo o a quel reality o talent, senza nessuna cognizione di ciò che voglia dire essere musicisti veri. Mi chiedo se mai si sono chiesti cosa possano essi rappresentare nella musica al cospetto di gente come, per fare solo qualche esempio, Peter Gabriel o John Lennon o Jimmy Page. Credo che neppure sappiano chi sono questi signori e, comunque, non avendo nessuna umiltà ma solo esaltazione e boria non arrivano nemmeno a chiederselo.

Poi vanno a San Remo, vincono e chi li sente più?! Sembrano Rock-star vere e proprie, menestrelli della musica mondiale ma, in realtà, non incidono affatto sulle sette note e, spesso, durano da Natale a Santo Stefano. Che fine ha fatto Antonino Spadaccino, vincitore di Amici di qualche anno fa e di cui si prediceva un futuro brillantissimo? Credo che sia tornato al suo paese a fare qualche serata in qualche sagra paesana. Per carità non c’è nulla di male, bisogna solo essere umili e stare con i piedi per terra e laddove questo non avvenga allora sì, qualcosa che non va c’è.

Stesso discorso vale per le cover-band che, quasi sempre, sono degli esaltati senza pari che frequentano locali dove, alla fine della serata, sembra che abbiano suonato in uno stadio da 80.000 persone. Aspettano la riverenza di chi si è fatto una birra in loro compagnia, insomma se la tirano come pochi diventando, molto spesso, anche un tantino ridicoli. Un mondo, quello delle cover-band e dei relativi locali che li ospitano, marcio da dentro in cui vige, purtroppo, la cultura mafiosa sia da parte dei locali sia da parte di chi suona. Sarebbe ora che tutti, ma soprattutto i “musicisti” delle cover-band, scendessero dal pero e capissero che davvero non sono nessuno, rappresentano il nulla nell’universo musicale. A volte, per assistere ad una serata di cover, si arriva a spendere (perchè richiesti) anche 20€ al netto delle consumazioni…ma si può spendere 20€ per questi signori nessuno e, magari, per assistere ad un concerto dei Depeche Mode “solo” 40€? C’e evidentemente qualcosa che proprio non va!!

Viste le cifre che vengono richieste da cover e, conseguentemente, dai gestori dei locali forse sarebbe meglio lasciare i locali vuoti e spendere i propri soldi per assistere a concerti veri o magari comprarsi un bel cd ORIGINALE e, soprattutto, sarebbe auspicabile un po’ più di umiltà da parte di chi crede di far parte di un mondo, quello della musica, come protagonista ma che in realtà non è nemmeno una comparsa. L’umiltà è un sintomo di intelligenza che, come tale, purtroppo non tutti hanno ma di cui ci sarebbe molto bisogno non solo nella musica ma anche in tantissimi altri campi…

…SOTTO A CHI TOCCA…

 

 

 

Ribelli e maledetti della musica…

Essere musicista, fare musica ed avere quindi che fare con le sette note musicali è, forse, uno dei mestieri più belli, affascinanti e appaganti che una persona possa fare. Il mondo della musica è un mondo a sé stante che richiede un grande impegno ma che, spesso, ripaga con grandi soddisfazioni. E questo vale per ogni genere di musica dalla classica alla leggera, dal rock al jazz, dal blues al pop e così via.

C’è però un genere di musica che sembra avere in sé, a volte e in taluni casi, un qualcosa di ribelle e maledetto. Il Rock ‘n Roll ci ha abituato ad assistere a spiacevoli quanto ripetitive situazioni strane. Sembra che il successo in questo campo porti l’artista a montarsi la testa e a vivere una vita, per dirla alla Vasco Rossi, sregolata, fatta di eccessi che spesso ha portato a conseguenze disastrose.

Per alcuni musicisti, anche di grande spessore, la musica sembrava quasi passare in secondo piano rispetto ad una vita fatta di droga, alcool e tutto ciò che potremmo definire “fuori dal comune” come se non avessero la capacità di godersi il loro successo conducendo una vita il più possibile vicino alla normalità. Questo sembra valere da sempre e, forse, per sempre. Abbiamo numerosissimi esempi di musicisti che hanno perso la testa e sono finiti malissimo. Per fare alcuni nomi possiamo ricordare artisti del calibro di Kurt Cobain o Janis Joplin o Brian Jones o ancora Jim Morrison ma l’elenco, purtroppo, continuerebbe ancora.

Kurt Cobain leader indiscusso dei Nirvana, autore di pezzi storici e rappresentante di quel movimento detto “grunge” che molti considerano un vero e proprio genere musicale di cui, appunto, i Nirvana erano la più alta espressione. Janis Joplin grande cantautrice americana che ha lasciato un segno indelebile nella musica nonostante la sua poca permanenza in quel mondo. Brian Jones fondatore dei Rolling Stones una delle più importanti band della storia della musica e Jim Morrison vero e proprio poeta della musica e non, autore di brani musicali ma anche di poesie vere e proprie.

Questi quattro personaggi presi ad esempio hanno inciso fortemente nel mondo musicale, con influenze che ritroviamo anche ai giorni nostri ed hanno, incredibilmente, tutti in comune il numero 27 e, per tre di loro, la lettera “J”. Infatti tutti sono morti, chi suicida, chi di overdose, chi dopo una notte di eccessi vari, a 27 anni. Sembra quasi che il numero 27 possa essere identificato come il numero maledetto del rock. Strana coincidenza questa che sembra ricadere sulle menti ribelli, sulle personalità un po’ fuori dai canoni e con un forte senso di disagio personale e sociale che, spesso, traspariva e traspare nelle loro canzoni.

Questi quattro personaggi vengono citati perché hanno in comune questo fatto un po’ inquietante del numero 27, ma l’elenco potrebbe proseguire con nomi come John Bonham, Sid Vicious, Sid Barret e, più vicini ai nostri tempi Whitney Houston e Ami Winehouse tuti scomparsi in circostanze spiacevoli e, per certi versi, misteriose. Leggere informazioni e biografie di questi personaggi, oltre ad essere interessante, è anche, per certi versi, un po’ angosciante.

Come possiamo ben intuire, a parte qualche caso, tutti questi avvenimenti “musical-luttuosi” sono accaduti molti anni fa, anni in cui proliferavano le grandi band che hanno fatto la storia della musica e che oggi, tra i vari X-Factor e Amici, sembrano non essere più in grado di nascere e di formarsi. Oggi vanno di moda i ragazzini sconosciuti e spesso senza competenze musicali che partecipano a questi “talent show” ma questo è un’altra storia…

Le vicende di questi e di altri musicista restano, a volte, avvolte nel mistero e destano interesse e curiosità in coloro che amano la musica che, peraltro, sono abituati a trovare dei misteri all’interno di essa, ma per fortuna la musica è qualcosa di immortale e, anche se questi personaggi e le loro rispettive band non esistono più, possiamo sempre ascoltare le loro opere e godere delle note musicali e delle parole da loro scritte. e possiamo farlo sempre, per sempre quando più ci piace. Questo è la vera potenza della musica, il fatto che essa, una volta creata, sia avvero immortale come poche altre cose al mondo…fortunatamente per il mondo stesso!!

…SOTTO A CHI TOCCA…

 

 

 

Biagio non va adagio…

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Qualche settimana fa mi è capitato di vedere su You Tube il concerto integrale che Biagio Antonacci ha tenuto allo stadio di San Siro di Milano nell’estate del 2007. E sono rimasto sorpreso dal vedere che Biagio è un vero e proprio fenomeno. Può piacere o non piacere ma è innegabile che possiede un carisma e un magnetismo che non tutti gli addetti ai lavori hanno.

Milanese di nascita, cresciuto nell’hinterland meneghino precisamente a Rozzano, dove tutt’ora abitano i suoi genitori, trasferitosi a Bologna per amore di Marianna Morandi e con una casa mozzafiato all’ Isola d’Elba, il nostro Biagio ha mosso i suoi primi passi in…cantiere. Già perché dopo gli studi per diventare geometra è stato per anni una persona “normale” con un lavoro normale e con una vita normale. Coltivava la sua grande passione per la musica finchè un bel giorno decise di mollare e rischiare tutto in un sol colpo. Qualche personaggio del passato una volta ebbe a dire che “la fortuna appartiene all’uomo che rischia tutto in una sola giocata”  e Biagio proprio così fece.

I fatti gli diedero subito ragione e dopo un normale periodo di rodaggio finalmente un giorno sfondò in quel mondo che amava tanto e da cui non riusciva a staccarsi, abbandonando, tra l’altro, un lavoro che gli garantiva da vivere, con somma preoccupazione di mamma e papà. Biagio, come scrivo nel titolo di questo post, non è andato adagio e il suo successo è cresciuto in maniera esponenziale, scrivendo pezzi memorabili anche per altri artisti come, ad esempio Laura Pausini (Tra e Te e il Mare).

Vero e proprio poeta della musica italiana con pezzi dalle parole “brividose” e dalle melodie accattivanti, Biagio ha un seguito pazzesco fatto sia di ragazzine urlanti e trepidanti nel sentire e vedere il loro idolo, ma anche di gente, per così dire, adulta che si ritrova e si rivede in molti dei suoi testi che spesso parlano di vita quotidiana, di vita vissuta, di pene o gioie d’amore, di amicizia e di sentimenti forti. Forse la forza di Biagio sta proprio in questo, nella semplicità dei suoi testi che sono rivolti a tutti senza distinzione di età o sesso.

Si percepisce l’energia di Biagio ascoltando, ad esempio, il pezzo “Che Differenza c’è”  dal vivo proprio a San Siro, dove il nostro si muove come una vera rock star tenendo sul filo una folla immensa che salta e canta con lui in maniera quasi imbarazzante e imprevedibile. Durante tutto il concerto Biagio da’ veramente tutto di sé, emozioni, passione, movimento e, appunto, energia, insomma si guadagna davvero la pagnotta uscendo, alla fine della serata, sudato e distrutto come solo quelli che si danno interamente e senza paura di risparmiarsi, sanno fare.

Spesso si dice che sono pochi gli artisti italiani in grado di riempire uno stadio da 70.000 posti e più e si citano i soliti Vasco Rossi o Laura Pausini o Ligabue ma si dimentica, ad esempio, proprio uno come Biagio Antonacci che lo stadio lo ha riempito tutto con un concerto che i presenti all’evento non esitano a definire spettacolare e che rimarrà nella loro memoria per molto tempo. Accompagnato, peraltro, da un’ottima band, con una delle poche donne chitarriste del settore offre davvero uno spettacolo fatto di anima di cuore e di passione.

Rappresenta un po’ la “faccia pulita” della musica, quella che conquista per la sua semplicità e per la sua genuinità. Personalmente sono rimasto davvero sorpreso nel vedere uno spettacolo simile con una folla delirante e tanta energia che non pensavo essere possibile per un’esponente di un genere cosiddetto pop-melodico con molte sfumature d’amore e sentimento. E invece la forza della musica ha colpito di nuovo dimostrando che tutto è possibile quando ci si mette passione e impegno e questo Biagio lo ha fatto, lo fa e, forse, sempre lo farà. Un personale quanto super-modestissimo complimento ad un’artista vero.

Vai Biagio e non andare mai…adagio!

…SOTTO A CHI TOCCA…

Proviamo a dire chi sono i migliori…

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Oggi mi piacerebbe affrontare una delle più annose questioni musicali, ben sapendo fin da ora che, se ad una conclusione arriverò, essa sarà il risultato di mere valutazioni “personali” e che non si tratterà mai di una ” risposta definitiva” e universale. La questione, un po’ infantile e anche superficiale (mi rendo conto), è di stabilire, in un modo o nell’altro, quale sia e quali siano le migliori band al mondo di sempre. Quante volte ci siamo chiesti, da soli o tra amici, da giovani o da adulti, quali siano i migliori musicisti tra quelli che ci hanno accompagnato e che ancora ci accompagnano nella nostra quotidianità? Credo che tutti gli appassionati di musica lo abbiano fatto prima o poi, chi più chi meno. Ed è anche un “giochetto” divertente in cui si formano delle vere e proprie fazioni, quasi da stadio, ognuna delle quali sfoggia i propri vessilli, difende ed osanna i propri beniamini.

Restando nell’ambito della musica leggera, pop o rock, probabilmente, anzi sicuramente, dobbiamo considerare i Beatles fuori concorso, di un altro pianeta. Essi potrebbero occupare, diciamo, la posizione 1A, la primissima, quella irraggiungibile. La occupano per ciò che hanno rappresentato e per ciò che ancora oggi rappresentano. Con loro tutto ebbe inizio, con loro tutta l’umanità ha imparato ad ascoltare un certo tipo di musica, ad ascoltarla in un certo modo, a delirare di emozioni, ad avere una passione per le note che andava al di là di tutto. Sono stati in grado di inventare una vera e propria leggenda che, ancora oggi, li pone come punto di riferimento di chi ama la musica e li fa considerare tra i personaggi che più hanno inciso nella storia della musica e dell’umanità.

Dobbiamo considerare che, di base, tutti coloro che fanno musica ad un certo livello sono grandissimi musicisti e grandi artisti. Non si può dire che, per fare qualche nome, i Queen siano meglio degli INXS, né che I Police sino meglio dei Rolling Stones e cosi via. Tutti sono magnifici musicisti, ottimi dispensatori di emozioni ed energia positiva.

Ma, sempre per fare qualche nome,  ci sono delle band che hanno maggiomente inciso sulle “sette note” per vari motivi, in particolare, perché hanno lasciato, forse oggettivamente, un segno indelebile. Sicuramente dimenticherò qualcuno e me ne scuso sin da ora aspettando, perchè no, le vostre precisazioni, aggiunte e critiche…

Alcuni dei magici nomi (in ordine sparso) sono: Led Zeppelin, Genesis, U2, Guns ‘n Roses, Pink Floyd. Quattro dalla Gran Bretagna e uno dagli Stati Uniti a conferma che, per questo tipo di musica, il Regno Unito la fa da padrone.

I Led Zeppelin perche’ composti da musicisti sopraffini, veri e propri personaggi, “animali da palco” quattro gemme assolute e con un  John Bonham in più, considerato unanimemente il miglior batterista di sempre avendo anche creato dei grooves ancora oggi imitati e attualissimi. Autori di pezzi storici (Stairway to Heaven, Black Dog, Kashmir, Rock and Roll,Whole lotta Love), dalla grinta inimitabile che sono entrati nell’anima e nel cuore di milioni di persone di più generazioni.

I Genesis perché esempio longevo e trasformista di vena artistica. Hanno attraversato decenni proponendo brano unici e sapendosi reinventare di continuo anche se, i “Talebani della musica” preferiscono sempre e comunque “l’era Gabriel”. Anche qui siamo di fronti a geni della musica capitanati prima da quell’istrione di Peter Gabriel poi dal ritmo fatto persona… Philip David Charles Collins. Senza dimenticare gli altri e le loro innumerevoli “genialate” in cui la muisca raggiunge livelli celestiali quasi inarrivabili. Davvero troppe per citarne alcune…

Gli U2 perché, dal vivo, rappresentano (ora un pò meno data l’età) ciò che più si avvicina alla perfezione con performance storiche come quella al Live Aid del 1985. Con un leader, Paul Hewson detto “Bono Vox“, unico, con una voce calda come poche e una prorompenza straordinaria. Rappresentano, tra l’altro, un raro esempio di longevità di rapporti personali, sembrando oltre che colleghi musicisti anche veri amici. Anche qui vale il discorso precedente: troppi brani da leggenda per poter fare un degno elenco senza dimenticare qualcosa.

I Guns ‘n Roses perché sono un cocktail di tutto ciò che fa parte della musica: tecnica, originalità, carisma, genio e sregolatezza (tanta forse troppa!). Con uno dei front man più eccezionali di sempre forse il primo dopo “sua maestà” Freddy Mercury. William Bruce Rose al secolo Axl Rose e poi Slash e ancora Dizzy Reed e Steven Adler. Si dice che la batteria andrebbe suonata come Steven Adler ha fatto durante il tour mondiale da cui è stato tratto il doppio ” Live Era ’87-’93”. Welcome to the Jungle, Sweet Child o’ mine, You could be mine e un’infinità di altre perle…

I Pink Floyd perché creatori di suoni meravigliosi e dotati di uno stile inconfondibile che ben si esprimeva nei loro magnifici e luminosissimi spettacoli Live. Roger Waters & Co. hanno prodotto capolavori immortali che viaggiano nel tempo ormai da decenni senza essere minimamente intaccati dai gusti che, necessariamente, cambiano. Miti come “The wall” non moriranno mai e, possiamo forse affermare che fanno parte non solo della storia della musica ma proprio della storia dell’umanità.

Fatta questa azzardatissima classifica, sarebbe bello, poter assistere a qualche esibizione di quello che potremmo definire un “dream team” composto da tutti o quasi i migliori elementi dei gruppi citati. Sarebbe davvero un’emozione unica come solo la musica è in grado di offrire. La speranza è l’ultima a morire…

Di nuovo rinnovo le scuse per sicure dimenticanze e altrettanto certi errori e/o omissioni. Ma data la complessità dell’argomento mi auto assolvo sperando di aver stimolato un po’ lo spirito critico di chi avrà la bontà di leggermi.

…SOTTO A CHI TOCCA…

 

 

 

 

 

Drums, Drums, Drums…!!

Un po’ di tempo fa conoscevo un ragazzino, un amico fidato che aveva una grande passione per la musica. Sin dai primi anni di vita gli piaceva ascoltare la musica, sorrideva ogni qual volta suo nonno veniva a trovarlo e metteva sul piatto del giradischi un po’ di musica. Mi raccontava che tutti avevano da subito notato in lui un grande senso della musica e soprattutto un gran senso del ritmo. Passavano gli anni e il ragazzino ascoltava tanta musica fino a che un giorno decise che lui stesso voleva fare un po’ di musica. Voleva suonare qualcosa, qualche strumento qualsiasi strumento perché  sentiva un impulso irrefrenabile verso questa attività, verso questa arte.

Ben presto si rese conto che, in realtà, questo impulso era diretto ad uno strumento in particolare: la batteria! Forse a causa del suo senso del ritmo di cui abbiamo accennato sopra. Mentre mi raccontava queste cose, mi diceva anche che i suoi genitori erano un po’ preoccupati e anche un po’ incazzati. Con tutti i bellissimi strumenti che ci sono proprio la batteria, dicevano, ma che roba è? ma lui niente, imperterrito, vedeva i tamburi come un uomo innamorato vede la sua donna. Mi confessava che era un po’ timido e non sapeva se sarebbe stato in grado di suonare gli strumenti che mettevano il musicista “davanti” su un eventuale palco dove tutti lo potevano vedere e mettere in imbarazzo. Preferiva stare dietro, un po’ nascosto ma comunque , diceva, sarebbe stato lui a dare il tempo, il ritmo,  insomma mi diceva che lui con la sua batteria sarebbe stato fondamentale.

Una mattina a scuola lo vidi imbronciato e gli chiesi subito cosa fosse successo. Mi rispose che niente, i genitori non ci sentivano, la batteria non era da considerare uno strumento ma solo come un dispensatore di rumore e, secondo loro, anche di perdizione. Avevano un concetto di batterista molto sbagliato ma questa era lo loro inappellabile decisone: se voleva imparare a suonare lo avrebbero iscritto ad un corso di…chitarra! Lui, pur di suonare e stare a contatto con la musica, accettò e malvolentieri iniziò a frequentare le prime lezioni durante le quali si rese ancora di più conto di quanto noiosi erano gli altri strumenti rispetto alla batteria.

Mi diceva che non si divertiva e che aveva deciso di parlare con suo fratello maggiore per trovare una scappatoia e magari convincere i genitori a tornare sui loro passi. Suo fratello non prese minimamente in considerazione l’ipotesi di parlare con mamma e papà, diceva che non avrebbero capito ma propose al mio amico di fare una magia. Siccome il fratello già lavorava gli disse che gli avrebbe pagato lui un l’iscrizione ad una scuola di musica dove avrebbe seguito un corso di batteria. L’importante era che fosse contento e che facesse ciò che più amava.

Non gli sembrava vero e iniziò questa avventura fantastica. Mi diceva che non voleva deludere i genitori e quindi, ogni tanto, andava a chitarra ma erano molte le volte in cui marinava le lezioni di chitarra per andare dalla sua amata batteria. Iniziò a prendere confidenza con tom, gran cassa, charleston, bacchette, piatti, pedali, cuffie ecc e sembrava come alice nel paese delle meraviglie. Ogni volta che parlava del suo strumento gli si illuminavano gli occhi ed era bello vedere questo entusiasmo.

Dimostrò subito un buon talento e spesso voleva che il fratello “mecenate” andasse a vederlo suonare, a vederlo imparare a suonare. Il fratello ovviamente andava ad assistere alle lezioni di nascosto dai genitori che credevano il mio amico alla lezione settimanale di chitarra. Illusi!

Finì  i corsi e andò poi per la sua strada formando dei gruppi per suonare nei locali, per divertirsi e per vivere un po’ di musica. Inutile dire che lo andavo a sentire spesso ed era davvero bravo. Era sempre nascosto visivamente al pubblico ma si faceva molto sentire picchiando sui suoi tamburi. Sembrava non fare la minima fatica anzi sembrava prendere energia da quello strumento così rumoroso e scintillante. Veniva spesso anche il fratello nei cui occhi si poteva notare una luce di orgoglio. Si considerava forse l’artefice della felicità musicale del “fratellino”. Anche i genitori si rassegnarono e, un giorno, assistendo ad una serata del figlio rimasero quasi a bocca aperta chiedendosi dove avesse imparato a fare certe cose…

Ci perdemmo di vista a causa delle cose della vita ma un giorno, grazie ad un social network, ci ritrovammo e decidemmo di vederci. Era sempre il solito, non faceva il musicista per vivere ma la passione e l’amore per la musica e per i suoi tamburi era immutata. Era ancora innamorato come il primo giorno. La batteria, diceva, è come una bellissima donna. Bisogna saperla trattare bene, bisogna saperla toccare, accarezzare perché solo toccandola e amandola in un certo modo a seconda delle situazioni, da il meglio di sé e ti fa sentire importante. Una dichiarazione d’amore in piena regola con cui, credo e spero,  molte persone possano essere d’accordo.

Un mondo senza musica (e batteria) non si può neanche immaginare e una vita senza musica (e batteria) è una vita sbagliata.

Wherever there is a beat there is always a drums!! / ovunque ci sia un battito c’è sempre una batteria!!

…SOTTO A CHI TOCCA…

La scala per il paradiso…

Unknown

There’s a lady who’s sure
All that glitters is gold
And she’s buying a stairway to heaven.
When she gets there she knows
If the stores are all closed
With a word she can get what she came for.
Ooh, ooh, and she’s buying a stairway to heaven.
There’s a sign on the wall
But she wants to be sure
‘Cause you know sometimes words have two meanings.
In a tree by the brook
There’s a songbird who sings,
Sometimes all of our thoughts are misgiven.
Ooh, it makes me wonder,
Ooh, it makes me wonder.
There’s a feeling I get
When I look to the west,
And my spirit is crying for leaving.
In my thoughts I have seen
Rings of smoke through the trees,
And the voices of those who stand looking.
Ooh, it makes me wonder,
Ooh, it really makes me wonder.
And it’s whispered that soon, If we all call the tune
Then the piper will lead us to reason.
And a new day will dawn
For those who stand long
And the forests will echo with laughter.
If there’s a bustle in your hedgerow, don’t be alarmed now
It’s just a spring clean for the May queen.
Yes, there are two paths you can go by
But in the long run
There’s still time to change the road you’re on.
And it makes me wonder.
Your head is humming and it won’t go
In case you don’t know,
The piper’s calling you to join him,
Dear lady, can you hear the wind blow,
And did you know
Your stairway lies on the whispering wind.
And as we wind on down the road
Our shadows taller than our soul.
There walks a lady we all know
Who shines white light and wants to show
How ev’rything still turns to gold.
And if you listen very hard
The tune will come to you at last.
When all are one and one is all
To be a rock and not to roll.
And she’s buying a stairway to heaven…

Eccola, un capolavoro della storia della musica mondiale di ogni tempo e genere, scritta e proposta da coloro i quali sono considerati universalmente i più grandi musicisti di sempre…Led Zeppelin…best band, ever!

Credo che questo brano andrebbe insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado facendone imparare il testo a memoria come se fosse quello di una poesia, credo che tutti gli allievi di tutte le scuole di musica debbano saperla suonare qualsiasi strumento essi studino.

Si tratta di un pezzo senza tempo che non stanca mai e che da quarant’anni  viaggia nelle orecchie degli appassionati di musica di tutto il globo. Molto si è dibattuto circa il significato del testo che sembra fu ispirato a Robert Plant dalla ricerca di una sorta di una perfezione spirituale. Vi sono molti riferimenti a situazioni magiche o esoteriche come quando si fa riferimento alla “regina di Maggio” (May Queen), ai “pifferai” (pipers) e al “trambusto nella siepe” (bustle in your hedgerow) o ancora il  passaggio “In my thoughts I have seen rings of smoke through the trees” (“nei miei pensieri ho visto anelli di fumo fra gli alberi”). Tutte concetti con un alone mistico o magico.

Alcuni interpretazioni danno al brano un significato cupo e senza una conclusione morale positiva. Si dice che all’interno contenga dei messaggi subliminali satanici che pare siano stati scoperti ascoltando alcuni versi della canzone al contrario e che, per così dire, chiamano ad unirsi a nuove credenze , a nuova fede che ha al centro di sé una sorta di nichilismo. (Illuminati??)

Accusato di satanismo il testo si presta ad interpretazioni stravaganti: “Cause you know sometimes words have two meanings” ad esempio fa proprio riferimento al doppio significato delle parole, forse al doppio ascolto (normale e al contrario) e forse al bene e a Satana. Ma queste sono tutte ipotesi perché in realtà non c’è nessuna prova che il gruppo abbia realmente voluto inserire messaggi al contrario con la famigerata tecnica chiamata backmasking, si tratta probabilmente di un caso di pareidolia cioè una specie di semplice illusione.

Il Gruppo, dal canto suo, tramite Page e Plant ha ammesso di provare interesse verso l’occultista britannico Aleister Crowley ma, ha anche tenuto a precisare che Straiway to Heaven è stata scritta e interpretata con l’intento di offrire gioia e felicità e, a giudicare dal successo che ha avuto e dalle sensazioni positive che provoca forse è proprio così. Ascoltate questo capolavoro assoluto!

…SOTTO A CHI TOCCA…